Sculture in corso
Bozzetti realizzati da Giuliano VANGI, Francesco GRANITO, Ugo LA PIETRA e Cristian BIASCI.
«Se “Stupor Mundi”, l’imperatore Federico, amò la Terra dei cinghiali (forse la natura stessa di quei luoghi gli appariva selvaggia e meravigliosa) ancora noi oggi possiamo condividerne l’incanto incontrando un paesaggio modificato creato da enormi architetture di pietra, giganti immobili in tutta la loro imponenza che interrompono all’orizzonte la pianura: sono le cave, luoghi primordiali dove la roccia giurassica e miocenica, ci offre tutta la sua inaspettata seducente aggressività. Quasi una ferita inferta al paesaggio sorvegliata da pale svettanti, mute sentinelle, che a quella sottrazione pretendono una restituzione attraverso un dono che solo l’arte può dare: esaltare la bellezza.
La strada bianca, solcata dai mezzi pesanti appare avvolta da un’area polverosa piena di sordi rumori, si scende, tutto intorno uno scenario ingannevole, preciso nelle sue geometrie, montagne fatte di massi ordinati l’uno sull’altro, splendenti, sotto una luce accecante. Uno spazio immenso disorientante ed assolato, stranamente invaso da riflessi dorati, quasi astrali.
Era il 2012 ed era la prima volta che entravo in una cava, con me gli artisti del progetto del parco di Sculture Lungo Lago Lesina, ricordo precisamente le loro mani sui massi, enormi, squadrati, i blocchi buoni che creavano quasi un labirinto, contrassegnati con grandi segni rossi. Gli artisti li accarezzavano, il volto accostato ad ascoltarne il suono, il loro sorriso quando ognuno aveva scelto la sua pietra in silenzio, convinto ad affrontare una amorevole sfida.
La prima cosa che fa uno scultore della pietra quando ha in mente il suo progetto è cercarla, lo fa di persona, deve toccarla e sentirla, perché le pietre hanno un suono lungo e profondo quando sono integre, un suono interrotto infatti svela la presenza anche di una sola crepa che può compromettere tutto il lavoro, bisogna avere orecchio, gli artigiani aiutano sempre in questo. La scelta è fondamentale, assistere ad essa provoca emozioni, ci si accorge di quanto rigore ci sia nei gesti che compiono tutti per questa operazione; le dimensioni spaventano, si procede per togliere e se l’opera deve essere di tre metri e venti si deve scegliere un masso di circa quattro metri per due, si parla di tonnellate da movimentare per permettere la lavorazione. Lo scultore sa bene che dopo i tagli iniziali per le sbozzature a macchina, sarà il lungo lavoro manuale che dovrà essere affrontato, in mesi di interventi estenuanti lavorando spesso con temperature proibitive. Il progetto e l’esecuzione tecnica in azienda, vanno seguiti con estrema attenzione insieme agli artigiani, per ottenere il risultato voluto.
È sicuramente per queste esperienze vissute in atmosfere così particolari, oltre che per la mia predilezione professionale verso la scultura, che negli ultimi anni ho preferito dedicarmi a sostenere progetti più ampi, tali da poter testimoniare in modo permanente la relazione tra gli artisti e il nostro territorio, tralasciando la temporaneità degli spazi più rassicuranti e meno complessi come quelli delle gallerie.
Ho avuto modo di verificare la grande sensibilità dei personaggi che compongono il settore delle importanti imprese di lavorazione e delle grandi industrie marmi di Apricena, la loro non comune disponibilità e generosità, la loro capacità di fare rete nell’interesse dell’intera comunità. Se avviene il connubio tra arte, politica e comunità, allora i confini si estendono e il dialogo si amplifica in un linguaggio comune e comprensibile a tutti, che abbraccia bellezza, utilità e fruibilità. L’arte ha molteplici funzioni e tra le più esplicite vi è la capacità di rafforzare, se non addirittura determinare, la storia dei luoghi dove essa si esprime, fornendo la lettura di opere, architetture e strade, svelandone i vissuti, la storia, l’essenza degli spazi destinati alla condivisione urbana.
L’idea di interpretare lo spazio urbano come possibile luogo d’arte non convenzionale, è legata quindi indissolubilmente ad un territorio come il nostro, dove la pietra è insieme risorsa e vocazione, predisposta ad utilizzi diversificati, tra cui l’obiettivo di esaltarne attraverso la scultura contemporanea, l’immanente preziosità. È auspicabile che possa essere la stessa Madrepietra di Apricena, con diverse attuazioni a riunire l’intero bacino estrattivo. Progetto inclusivo e condivisibile solo attraverso la generosa rete di collaborazione tra amministrazioni lungimiranti, artisti, curatori, enti, industrie marmi, imprese artigiane ad alta tecnologia e prestigiose aziende che hanno già reso concreta la possibilità di avviare un vero e proprio percorso strutturato, dedicato alla scultura contemporanea in pietra ad Apricena.
Le Sculture in Corso/ Museo Madrepietra, certamente costituiscono una reale innovazione per il territorio pugliese, secondo bacino estrattivo nazionale, nel quale oggi in modo significativo si tracciano le basi per incrementare un circuito di turismo culturale rivolto all’arte della scultura lapidea, come accade da tempo nell’area del bacino dei marmi di Carrara. La naturale predisposizione alla cooperazione della gente di questa terra, bene rappresentata dalle amministrazioni politiche, costituisce un concreto punto di forza, poiché non basta soltanto l’ostinata passione di operatori culturali e degli artisti se le loro progettualità restano mute ed insignificanti agli operatori politici.
Ed ecco che a rappresentare ed a testimoniare la bellezza della pietra quattro eccellenti scultori, diversi tra loro, ma accomunati dalla stessa forte connotazione che è l’esperienza con il materiale lapideo e la consapevolezza dell’opera d’arte nello spazio pubblico: Giuliano Vangi, Ugo La Pietra, Francesco Granito, Cristian Biasci, che pur nella libertà di interpretazione, hanno tutti raccontato l’uomo e i suoi luoghi, riconoscendo nell’essenza del materiale primario, il nucleo dell’identificazione di un’intera comunità, coinvolgendola ed avvicinandola con un dialogo più intimo e diretto, poiché ciò che è per tutti è di tutti e la strada che accoglie diventa il luogo vivibile nel quale ci si riconosce, diminuendo così certe distanze, a volte complesse, che le problematiche dell’arte contemporanea pone.
Grazie alle mirabili scelte politiche culturali dell’amministrazione, al sensibile sostegno degli enti ed alla generosità delle grandi imprese locali, insieme alla indispensabile collaborazione di tanti, si è potuto concretizzare un processo di valorizzazione destinato ad ampliare ed amplificare le già importanti risorse culturali dell’intero bacino apricenese.
Ai cittadini il compito di divenire con orgoglio, i custodi nel tempo di questo valore aggiunto. A queste sculture, vada la loro carezza».
Gigliola Fania, Esaltare la bellezza, a cura di, in «SCULTURE IN CORSO/Museo Madrepietra Apricena - Corso Roma», Centro Grafico S.r.l., Foggia, 2020, pp. 12-13.